"Il basketball a Campobasso, per anni, per la gran massa di sportivi è stato solo un nome, un americanismo un po' snob per indicare una pratica sportiva riservata a gente fuori della norma; uomini che, trovandosi a vivere al di sopra della testa degli altri mortali, si ritrovavano in palestra dove, in alternativa a cogliere fichi sugli alberi senza scala, potevano giocare con una palla al di sopra di un cerchio di ferro bullonato lassù in alto, due cadenti canestri di legno puntellati alla men peggio ed esposti alle intemperie, due retine tutto scotch appese ad un unico gancio, un vecchio pallone tumefatto. La domenica, un incontro alla presenza di pochi amici sfottenti, di fidanzate rasserenate da sicure promesse di matrimonio, di mogli libere da obblighi di cucina, di figli ai primi passi insicuri. E alla fine, la domanda di rito: Chi ha vinto?
Boh, non ho visto niente... Poi, un giorno, i soliti quattro amici, presi contemporaneamente dallo stesso raptus, decidono di cambiare tutto. Risultato: il basket, quello vero, a Campobasso" (da "TIRO...rete", settembre 1981).
Già, il basket vero. Quello del Nuovo Basket Campobasso, che nella seconda metà degli anni ottanta ed all'inizio dei novanta ha fatto sognare ai tifosi del capoluogo addirittura la serie A2, quello che ha portato a Campobasso gente come Pastorello e Trotti, Gatto e Gatti,
Laganà, Giarletti, Grasselli, Servadio, Mossali, Miserocchi, Mastroianni,
Morini, Ferro, Brotto, Fuss, oltre alla bandiera Alfio Romito.
Il basket che ci ha permesso di trovare come avversari Dado Lombardi e Boscia
Tanjevic, il vecchio Brumatti e il giovanissimo Carlton Myers, venuto quando era solo un ragazzino e giocava, insieme a Ruggeri, nella Rimini dei miracoli. Il basket che ha visto giungere
in città squadre come Siena, Trieste, Porto San Giorgio, Firenze, Sassari, Roseto, Avellino, la stessa Rimini, il basket delle amichevoli con la grande Caserta di Nando Gentile, Vincenzo Esposito e Oscar Schmidt o con la Udine di Larry
Wright. Il basket capace di radunare in quella scatoletta che ancora oggi
chiamiamo pomposamente "Palavazzieri" anche duemila persone festanti.
Dai tempi di Ugo Storto, coach storico e protagonista della promozione in C1, a quelli di Sergio Contini, coach col quale la squadra ha raggiunto la serie B (allora non ancora divisa in B d'eccellenza e B2); dalle stagioni di Maurizio Martinoia (due splendidi campionati
di B2, il secondo coronato dalla promozione dopo garatre dei playoff col
Battipaglia, e due di B d'eccellenza) fino alle ultime con Claudio Vandoni e Riccardo Bocci in panchina, per
più di un decennio di grandi soddisfazioni e vera passione sportiva.
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